Almanacco illustrato di libri prestati: La signora Dalloway

Recensione numero 16

“La signora Dalloway”, Virginia Woolf
consigliato da Elena Capanni

“La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei”

Il romanzo inizia così e, non so voi, ma per quanto mi riguarda ci sono frasi iniziali di un libro che mi danno un certo brivido.
Non dicono niente di particolare magari, ma hanno in quelle poche parole qualcosa che mi cattura immediatamente.

Con “La signora Dalloway” è stato esattamente così, in undici parole avevo già legato con Virginia Woolf.
E ammetto che una volta iniziato questo libro, se ti prende, è come se Virginia ti portasse a spasso con sé.
Una sorta di piano sequenza filmico messo per iscritto, che mi faceva venir voglia di prendere una cartina e segnare il percorso di Clarissa per rifarlo la prossima volta che andavo a Londra.
Una scrittura saltellante come un balletto,  in cui a tratti senti il tono di voce scocciato della signora Dalloway che ti picchietta nella testa e a tratti le voci paranoiche di quel disgraziato di Septimus, una bellissima riflessione sulla vita umana, su cosa prendi e cosa lasci, sul tempo che passa (col Big Ben che te lo ricorda costantemente), sulle vite che si sfiorano appena e su quelle che si toccano anche troppo.
L’ambientazione anni ’20 di cui sono completamente pazza non ha fatto che amplificare quello che era stato un colpo di fulmine.
Un libro di cui non ho smesso di parlare mai per giorni.
L’ho amato tantissimo, e come direbbe il giovane Holden “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira“.
Ecco io a Virginia l’avrei chiamata cento volte nelle ultime settimane.