La ballata di Iza
“Iza – disse la vecchia all’Iza che viveva nella sua mente. – Non ti arrabbiare. Non riesco a trovare niente. Papà c’è, ma non è come me l’ero immaginato, papà è diventato case, strade, cemento, e non risponde.”
Andò avanti, si lambiccò pensando a cosa avrebbe potuto fare per sua figlia che lì, nella nebbia e nella sua mente, era tornata bambina, era di nuovo l’Iza con una cascata di boccoli, il grembiulino, il naso umido, che si lamentava con l’aria triste e la bocca imbronciata. “La tua presenza mi irrita – disse alla vecchia l’Iza bambina con una vocina sottile, – non ho più un momento tranquillo, devo rompermi la testa per starti dietro. E il mio lavoro!”
Era tutto così strano, l’immagine della piccola Iza, con le sue scarpette basse, la sua voce bisciola, non c’entravano niente con le parole che diceva, con “mi irriti” e “lavoro”. “Non ho più una vita mia. Sei troppo maldestra. Sì, maldestra. Tutto intorno a me è diventato così amaro, così soffocante”.
“Mia cara – pensò la vecchia. – La mia povera piccola Iza!”
[“La ballata di Iza” di Magda Szabò]
Illustrazione di L:sa