SOIA.JPG//Chiara Manetti
Vi presentiamo lə bravissimə Chiara Manetti, alias Soia.jpg, che ha realizzato il poster del festival Ludicomix dell’edizione di quest’anno, MULTIVERSO//2024, 11-12 Maggio.
Unə artistə che lavora come illustratorə, rappresentatə da Astound Agency, attualmente anche studentə al secondo anno di animazione.
Vorrebbe avere ali e coda e sostiene che il suo cervello lavori a “fittonate”, ossessioni momentanee, che cambiano, ma che si possono facilmente dedurre seguendo i suoi lavori più recenti.
Crede fermamente nell’importanza di mostrare di più di quello che viene considerato “perfetto” nel percorso personale di crescita, che per ognuno è diverso. Afferma di non avere grande capacità nello scrivere, ma potete tranquillamente constatarlo da voi!
Cinque parole a vanvera su Soia illustratricə eccallà, cuori, serenità, rane, sperimentazione.
Cinque parole a vanvera su Soia essere umano Ariete testone, funghi e bambù, verde.
Una dote/caratteristica che non può mancare ad unə disegnatorə? La capacità di ascoltare e capire, in modo da essere in grado di soddisfare le richieste ma aggiungere sempre un qualcosa di “vero ma nascosto” in quello che si disegna. Ci sono delle richieste tra le righe della vera richiesta e penso che un disegnatorə deve avere la capacità di vederle. E non parlo solo del lavoro “commissionato” ma di tutto quello che uno crea!
Cosa odi di più del tuo lavoro? Le email. Non dico altro. Ah e il culo piatto, anche qui, non aggiungo altro.
Ah già… thè o caffè? Le probabilità dell’acidità di stomaco distruttiva per me sono inferiori con il caffè, quindi, caffè.
Cosa pensi dell’IA dal punto di vista di illustratorə? Ti affascina o ti spaventa? Pensi che potrà diventare uno strumento di lavoro?
Mi affascina ed è una fonte inesauribile di idee, con la sua incapacità di pensare quando genera, crea delle stranezze che mi ispirano per altro. Quello che mi spaventa è l’uso e la reazione che crea, oltre al piattume che ne deriva a livello di contenuti che tendono a ripetersi. Pinterest ne è pieno strapieno, instagram pure e mi nasconde piccoli e grandi artisti e le loro storie. Penso che sia un’ottima tecnologia ma mi trovo in disaccordo con chi la compara all’avvento della fotografia o del “disegno digitale” perchè ha veramente poco in comune. E’ una tecnologia basata sullo “schiavismo” e su un costante rubare, non solo da artisti ma da chiunque metta il suo volto a disposizione usando filtri, sappiamo tutti di quanto sono sempre più irriconoscibili i “deepfakes” e dei danni che creano.
L’ AI manca di umanità e il pubblico se ne accorge, ho personalmente la sensazione che si cerchi contenuti più genuini e molto meno i contenuti “commerciali” che una volta consumati, li getti via. Bello eh questo disegno creato dall’ai ma poi? La storia dietro dov’è? Lo storytelling? L’empatia? Le emozioni? A me piacciono i biscotti al cioccolato fondente ma non li mischio con il latte per frullarli e berli perché è l’esperienza di mangiare il biscotto che lo rende un mio comfort food, non il risultato finale che si troverà nel mio stomaco.
Al momento l’AI non è uno strumento etico e questo è per me il punto più importante. Forse è la riflessione della società in cui viviamo, dove conta l’apparire, l’avere, il vendere ma non l’etica che è dietro a quello che si consuma. Scusate il pippone.
In sostanza, mi affascina per i suoi possibili usi, mi spaventano gli avvoltoi che gestiscono “gli artisti e l’arte” nelle grosse aziende e penso diventerà parte del processo creativo ma non su queste basi etiche. Non può sostituire gli artisti però, non ha e non avrà mai la sensibilità di un essere umano nell’aggiungere complessità e livelli di lettura in un’opera. Voglio avere fiducia che ci siano nell’industria persone che riconoscono il valore di una buona opera artistica e del lavoro che c’è dietro.
Si dice sempre che se fai il lavoro che ti piace non lavorerai mai un secondo nella vita…oppure lavorerai ogni secondo disponibile? Tu da che parte stai? Nel mezzo? Io lavoro ogni secondo disponibile, dico sempre che anche nei momenti in cui non ho in mano una penna il mio cervello ha dei processi in background di quello che devo fare. Vorrei fosse vera la prima affermazione ma ci sono delle parti del lavoro che mi preoccupano per settimane. Imparare a prendersi una pausa ogni tanto e dire “no” è uno dei miei obiettivi del 2024.
Studi animazione ma lavori nel mondo dell’illustrazione, pensi che questi due universi possano coesistere nella tua vita lavorativa? Lo spero! Mi piace molto diversificare quando disegno, delle volte voglio fare un disegno con lineart e tutto un processo pulito e lineare mentre altre voglio solo schizzare, passare ai colori, finire una parte senza aver finito lo sketch, usare filtri completamente a sentimento. L’animazione mi piace perché lo vedo come un progetto di gruppo, un qualcosa che si fa per un fine meno “individualista” dell’illustrazione. Ma l’animazione ti lega molto allo stile del progetto mentre con l’illustrazione hai più possibilità di metterci tutto quello che senti di volerci mettere, di amplificare il lavoro di qualcun’altro con il tuo. Alla fine entrambi i mondi raccontano qualcosa e il mio obiettivo artistico è quello di raccontare, non so cosa esattamente ma so di voler raccontare. Quindi sì, spero riuscirò a farli coesistere!
Il tuo profilo IG è popolato da tanti personaggi, colpiscono soprattutto le innumerevoli fan art che, attraverso pose, espressioni ma anche piccoli accessori raccontano molto e arricchiscono l’immaginario dei tuoi spettatori. Quali sono i personaggi a cui sei più legatə? Ci sono invece OC a cui vorresti dare più spazio? Come fanart, Piper della serie di libri di Percy Jackson, il suo è un personaggio che mi porta conforto nel disegnare. Poi mi lascio un po’ guidare dalle ossessioni del momento, fare fanart mi limita la creatività dando, per assurdo, più spazio ad una creatività senza stress. Per i personaggi originali, certo!! Ce ne sono alcuni che mi porto dietro da una vita e hanno cambiato aspetto trasformandosi moltissimo e che spero un giorno di disegnare di più. Ne ho principalmente un paio che rispecchiano l’archetipo del “sole/luna” se così si può chiamare e mi piacerebbe poterli disegnare seriamente invece che solo come scarabocchi nei miei appunti!
Chi sono i tuoi Maestri e perché li consideri tali? Oddio, questa domanda mi mette in crisi, non saprei ma direi Tomm Moore, Artemisia Gentileschi, Lois van Baarle e chiunque lavori a qualcosa che mi stupisce, coinvolge e colpisce emotivamente. Tomm Moore per il suo approccio all’animazione con un feeling tradizionale e bidimensionale quando sembrava solo il modellato 3D avesse futuro, Artemisia solo per il tipo di emozione che i suoi quadri riescono a suscitarmi e Lois van baarle per il suo approccio e la sua condivisione del suo percorso artistico (nonché mia ancora di salvezza nei momenti di blocco creativo)
Se avessi la possibilità di progettare tre nuovi universi, quali sono i tre macro temi a cui penseresti? Direi caratteristiche animali utili, non capisco come l’evoluzione abbia deciso che non abbiamo bisogno delle ali e della coda, soluzione all’inquinamento dei mezzi e all’assenza di panchine o di tasche nei pantaloni. Sarebbe bello sperimentare anche la vita sott’acqua! Poi un tema più trasversale…. penserei a diversi metodi per la gestione del denaro che non permettano all’avidità di avere spazio.
Da domani devi passare in un universo parallelo, cosa lasci in quello vecchio e cosa speri di trovare nel nuovo? In un universo parallelo c’è unə te che è riuscitə finalmente a…? Lascio il mio terrore del giudizio in quello vecchio e spero di trovare serenità in quello nuovo. Lascio anche le ginocchia e la schiena nella speranza di trovarle nuove e migliorate, magari con l’aggiunta di ali e una coda. In un universo parallelo c’è Soia che ha fatto le stesse identiche cose ma molto prima e senza rimuginare! Probabilmente ha diretto le energie nel creare la sua prima piccola storia. Oppure universo con Soia edizione tra i monti, in montagna con gli animali, probabilmente mucche, a mangiare formaggio e coltivare quello che cresce, con appuntamenti con i vicini per andare a far funghi.
Molto interessante (e anche inconsueto) il tuo approccio spontaneo sui social: hai definito il tuo profilo ig un “sketchbook digitale”su cui posti tutti i tuoi lavori anche quelli che ti convincono meno, fai in modo che like e statistiche non ti influenzano, cerchi di essere presente e molto attivə nelle stories soprattutto dopo la tua partecipazione alle fiere. Come sei arrivatə a questo modo di vivere on line la tua arte? Pensi che ti aiuti a crescere professionalmente? Sarà una risposta lunghissima, chiedo perdono. Devo dire che nel momento in cui ho deciso che non avrei ceduto alle regole dei social, la mia carriera sia praticamente iniziata, quindi ha notevolmente aiutato nella mia crescita. Sono una persona che si sabota tantissimo di continuo, l’esempio più grosso è che avrei sempre voluto “disegnare” come lavoro ma non ho mai provato niente una volta finito il liceo artistico perchè per me non era possibile pensare che qualcuno pagasse ME. I social non aiutano, perché si parla della performance di continuo (anche gli artisti più “famosi”) e si diventa dipendenti della gioia che viene da un post virale o dal continuo paragonarsi ad altri in ricerca di una sorta di “successo”. Per un periodo avevo anche smesso di disegnare proprio perché non riuscivo mai a ottenere un risultato soddisfacente online e non vedevo perché avrei dovuto continuare a farlo.
Il tempo mi ha fatto rendere conto che mi mancava disegnare e che era una necessità per me, ma comunque non riuscivo a farlo con serenità o a capirne lo scopo. Poi guardando video su youtube ho trovato una frase che mi ha colpito: “finished, not perfect”, finito, non perfetto. In quel momento ho capito che quello che mi piaceva vedere nei profili creativi era quello, il “finito” che in realtà non era un disegno completato ma semplicemente un disegno condiviso, non importava che fosse perfetto di colori e luci, un video del processo, uno sketch a metà era per me comunque qualcosa di meraviglioso. Questo mi ha portato a cercare di prendere le cose con leggerezza e postare spesso, qualcosa, qualsiasi cosa. Nascondo attivamente il numero dei like e evito di guardare le statistiche il più possibile, se le apro, mi dico di chiuderle immediatamente. Postando sempre anche cose che non mi piacciono, riesco a continuare a disegnare e ogni tanto ricevere feedback o connettere con persone come me, in più sposto la mia attenzione dai numeri al contenuto dei miei post, riguardandoli per vedere quanta strada ho fatto, rabbrividendo ad alcuni vecchi disegni e dandomi una pacca sulla spalla guardandone altri. Disegnare in tradizionale, tecnica che amo, mi porta poi a nascondere tutto in sketchbook o scatole non accessibili come un profilo social. Questo mi aiuta anche con il blocco dell’artista: ci sono dei disegni sul mio profilo che sono chiaramente fatti durante un periodo di blocco che sono rigidi e pieni di errori, però sono finiti (spesso ci appiccico due filtri, qualche particellare, due sfocature e bon, finito). Per me è importante non arrendersi mai e accettare che non sarà sempre tutto bello, “finito” e perfetto.
Poi sono arrivate le persone che volevano commissionarmi un disegno e ho pensato, perchè non iniziare, con prezzi davvero bassissimi per altro. Poi c’erano persone che volevano una stampa e allora ho detto, perchè non tentare un crowdfunding con del merch, se va male cado in piedi. E poi sono arrivate le domande “ma uno shop lo apri?”, “ma alle fiere vai?” e ho detto, boh vabbè perchè no. Fino a che un’agenzia mi ha scritto per propormi di lavorare con loro e ho pensato “ma chi, io?” e adesso sono qua che cerco di giostrarmi con tutto quello che accade.
Per me è importante condividere il più possibile, con dei limiti ovviamente, perchè ho sempre percepito l’industria artistica come “chiusa”. Non si capisce bene da esterni come si fa ad entrarci, se esistono artisti più piccoli oltre a quelli più popolari e pubblicati. Spaventa moltissimo, sembra ci siano artisti “veri” e artisti “finti” e poca speranza per tutti. In realtà per la natura del lavoro se non si frequentano studi o mostre/fiere non si incontrano artisti che di base vivono principalmente nelle loro piccole grotte, piegati su delle scrivanie a orari improbabili a sfogare la loro creatività. Cerco di mostrare l’umanità che c’è dietro, con tutte le negatività annesse e non solo i successi. Quindi, come un po’ tutto nella mia vita, è un po’ successo, forse per necessità o forse per caso.
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